VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Paolo Guzzi

   










POIESIS
Il silenzio degli spazi infiniti mi atterrisce
Pascal

I tramonti delle lune 

I

Una sfera che sale nello spazio,
rapidamente scompare,
Explorervano cerca nuovi clonàti,
Copiadi altre guerre stellari
nostre categorie,
Umanizzàti sguardi e gelosìe,
rivalità non vale, basta,
Non mi attrae il missile da crociera,
guerra invita a cercare,
Terra amara mi chiama nella sera,
non lo spazio infinito,
Nonposso pensare l’infinito,
immaginare soltanto:
Chi canterà il solitario tramontare
della luna di Marte,
Il terremoto notturno al mare
Ruotante di Solaris,
chi dirà dei risvegli del vento,
lo scintillare di un sasso,
al robotico ragno…

II

Inguarito terrestre mi dimeno,
che ci lascino in pace
i supereroidell’iper spazio, 
altri rapporti spingo:
quella che forma la nostra deità mortale,
la gente, m’ interessa:
sono troppo ammalato di overdosi,
di delitti sull’uomo,
l’astronauta è un mitologico eroe,
nella Pleiade questo Ulisse
naufraga in un replay senza soste…
Nello spazio mentale mi ritrovo,
non mi rinnovo, cibernetici mondi
mi atterriscono: cerco nuove uguaglianze,
ma il rotolare di meteorìtino,
la ricerca è quaggiù, dove ancora non sappiamo restare.
Deviazioni dal vero già c’ingannano,
altri problemi per non risolvere questi,
qui noi tremiamo e ne godiamo,
qui ci cerchiamo senza trovarci,
in quest’aiuola che ci inferocisce,
microbi satellitari, un calcio e via,
scompariremo in silenzio.
Il Nirvanaterrestre, il gioco serio,
ci impolvera la luce della metropoli sospesa,
il grande caldo eppure sopportabile,
il grande freddo eppure sostenibile,
ci resta il nostro mondo,
ancòrada vedere… 

III

Sahara arancione, la polvere di Marte,
il mare australiano, quello della Luna,
l’atollo polinesiano, gli anelli diSaturno,
nella sfera mentale quanti mondi microbici,
frattàli di fraternità nascoste,
mi interessa Berlino,
rivedere Londra dei miei vent’anni,
vivere a Manhattan,
precipitarmi in quella libreria,
a Parigi, vicino all’Odéon.
Lo spazio notturno/diurno
Tra le lune di Plutone,
lo sfarfallìo dorato sotto il raggio laser,
il luccichìo del satellite ,
il palpito di Proxima Centauri,
affascinanti mondi, Andromeda è una dea,
visti da qui, dal nostro sasso ammalato,
ruotante entro un buio disperato,
siamo con Montale della razza di chi rimane a terra,
sulla terra, viviamo al cinque per cento,
cerchiamo le ragioni, altrove vadano gli atleti,
il cosmo è per loro, controllino pure
quello che abbiamo intuìto,
sognando mondi lontani e vicini,
immersi nel presente.
La debolezza del futuro
È mancanza della memoria: nello spazio,
il ricordo è impossibile, allora
questa poesia nel satellite spaziale,
non credo sarà mai letta, 
un secolo a venire,
non servirà al ricordo,
fabbrica del passato: un tango 
sarà più bello della voce stellare,
un tango è nel rimpianto
di canti sulla Sierra: unquadro
sarà più bello del tramonto sul mare,
dove Venere sorse, nella luce.

IV

Allora, temere soltanto d’essere disintegrato,
senza integrarsimai, le mani che sfuggono dai polsi,
le dita dalle mani, la colonna vertebrale,
che si torce, una frusta alle spalle,
il cervello, che allucinatorie immagini produce,
nani barbuti, mostri torsuti, bambini
che si arrampicano su di me,
fiori su muri e mattoni quadrati, rettangolari, rombi
decorati con stelle, lamenti lontani
e un coro a bocca chiusa dirumoriinterstellari:
tra vuoto e vuoto, tra nero e nero,
tra stella e stella, cos ’è?
Nelle strane costellazioni di platani e cipressi,
niente vale quel mucchio di castagne
misto a biglietti del metrò,
sulla tomba di Apollinaire.

Per Borges / Tango e Rap

Vedo questo Tiresia del nostro tempo,
ondeggiare in un tango lento,
un pensiero triste che danza,
ahi, il dolore della grande biblioteca,
ahi, nella notte, il canto misterico di Gardèl.

Non c’è più l’Aleph, non c’è più tango
Soltanto il canto di un solitario mango:

Nelle vie di Buenos Aires, un ticchettio
Del bastone, un tinnire forte di una campana:
la notte sale nelle piccole strade, nel buio
ogni cieco può finalmente vedere
quello che altri non vedono.
Ahi, la babele linguistica adorata,
ahi, l’argenteo riscontro del mare :

Non c’è più il canto, non c’è più tango,

soltanto un guizzo del tacco ed un fandango.

Nel biancore del lattescente sguardo,
una vista sicura, il lucido scatto del gattopardo:
e l’udito scopre volti immaginari, 
il tatto crea forme inusuali, il naso coglie nell’aria
umida della notte, il sapore salato di maree:
ahi, la vita che passa, ahi la vita!

Non c’è più voce nella gola del poeta,
il cervello soltanto trasmette onde sonore
vede nani irsuti, giganti con la testa sotto le spalle fiori e mattoni nella notte



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