POIESIS
Il silenzio
degli spazi infiniti mi atterrisce
Pascal
I
tramonti delle lune
I
Una
sfera che sale nello spazio,
rapidamente
scompare,
Explorervano
cerca nuovi clonàti,
Copiadi
altre guerre stellari
nostre
categorie,
Umanizzàti
sguardi e gelosìe,
rivalità
non vale, basta,
Non
mi attrae il missile da crociera,
guerra
invita a cercare,
Terra
amara mi chiama nella sera,
non
lo spazio infinito,
Nonposso
pensare l’infinito,
immaginare
soltanto:
Chi
canterà il solitario tramontare
della
luna di Marte,
Il
terremoto notturno al mare
Ruotante
di Solaris,
chi
dirà dei risvegli del vento,
lo
scintillare di un sasso,
al
robotico ragno…
II
Inguarito
terrestre mi dimeno,
che
ci lascino in pace
i
supereroidell’iper spazio,
altri
rapporti spingo:
quella
che forma la nostra deità mortale,
la
gente, m’ interessa:
sono
troppo ammalato di overdosi,
di
delitti sull’uomo,
l’astronauta
è un mitologico eroe,
nella
Pleiade questo Ulisse
naufraga
in un replay senza soste…
Nello
spazio mentale mi ritrovo,
non
mi rinnovo, cibernetici mondi
mi
atterriscono: cerco nuove uguaglianze,
ma
il rotolare di meteorìtino,
la
ricerca è quaggiù, dove ancora non sappiamo restare.
Deviazioni
dal vero già c’ingannano,
altri
problemi per non risolvere questi,
qui
noi tremiamo e ne godiamo,
qui
ci cerchiamo senza trovarci,
in
quest’aiuola che ci inferocisce,
microbi
satellitari, un calcio e via,
scompariremo
in silenzio.
Il
Nirvanaterrestre, il gioco serio,
ci
impolvera la luce della metropoli sospesa,
il
grande caldo eppure sopportabile,
il
grande freddo eppure sostenibile,
ci
resta il nostro mondo,
ancòrada
vedere…
III
Sahara
arancione, la polvere di Marte,
il
mare australiano, quello della Luna,
l’atollo
polinesiano, gli anelli diSaturno,
nella
sfera mentale quanti mondi microbici,
frattàli
di fraternità nascoste,
mi
interessa Berlino,
rivedere
Londra dei miei vent’anni,
vivere
a Manhattan,
precipitarmi
in quella libreria,
a
Parigi, vicino all’Odéon.
Lo
spazio notturno/diurno
Tra
le lune di Plutone,
lo
sfarfallìo dorato sotto il raggio laser,
il
luccichìo del satellite ,
il
palpito di Proxima Centauri,
affascinanti
mondi, Andromeda è una dea,
visti
da qui, dal nostro sasso ammalato,
ruotante
entro un buio disperato,
siamo
con Montale della razza di chi rimane a terra,
sulla
terra, viviamo al cinque per cento,
cerchiamo
le ragioni, altrove vadano gli atleti,
il
cosmo è per loro, controllino pure
quello
che abbiamo intuìto,
sognando
mondi lontani e vicini,
immersi
nel presente.
La
debolezza del futuro
È
mancanza della memoria: nello spazio,
il
ricordo è impossibile, allora
questa
poesia nel satellite spaziale,
non
credo sarà mai letta,
un
secolo a venire,
non
servirà al ricordo,
fabbrica
del passato: un tango
sarà
più bello della voce stellare,
un
tango è nel rimpianto
di
canti sulla Sierra: unquadro
sarà
più bello del tramonto sul mare,
dove
Venere sorse, nella luce.
IV
Allora,
temere soltanto d’essere disintegrato,
senza
integrarsimai, le mani che sfuggono
dai polsi,
le
dita dalle mani, la colonna vertebrale,
che
si torce, una frusta alle spalle,
il
cervello, che allucinatorie immagini produce,
nani
barbuti, mostri torsuti, bambini
che
si arrampicano su di me,
fiori
su muri e mattoni quadrati, rettangolari, rombi
decorati
con stelle, lamenti lontani
e
un coro a bocca chiusa dirumoriinterstellari:
tra
vuoto e vuoto, tra nero e nero,
tra
stella e stella, cos ’è?
Nelle
strane costellazioni di platani e cipressi,
niente
vale quel mucchio di castagne
misto
a biglietti del metrò,
sulla
tomba di Apollinaire.
Per
Borges / Tango e Rap
Vedo
questo Tiresia del nostro tempo,
ondeggiare
in un tango lento,
un
pensiero triste che danza,
ahi,
il dolore della grande biblioteca,
ahi,
nella notte, il canto misterico di Gardèl.
Non
c’è più l’Aleph, non c’è più tango
Soltanto
il canto di un solitario mango:
Nelle
vie di Buenos Aires, un ticchettio
Del
bastone, un tinnire forte di una campana:
la
notte sale nelle piccole strade, nel buio
ogni
cieco può finalmente vedere
quello
che altri non vedono.
Ahi,
la babele linguistica adorata,
ahi,
l’argenteo riscontro del mare :
Non
c’è più il canto, non c’è più tango,
soltanto
un guizzo del tacco ed un fandango.
Nel
biancore del lattescente sguardo,
una
vista sicura, il lucido scatto del gattopardo:
e
l’udito scopre volti immaginari,
il
tatto crea forme inusuali, il naso coglie nell’aria
umida
della notte, il sapore salato di maree:
ahi,
la vita che passa, ahi la vita!
Non
c’è più voce nella gola del poeta,
il
cervello soltanto trasmette onde sonore
vede
nani irsuti, giganti con la testa sotto le spalle fiori e mattoni nella
notte