Così
Così
son costretto a dire, a fare, a fire,
così
son cosfratto a vire.
Così
son cosfratto a mire, dare, sire,
così
son contratto a dire.
Però
non so fare, dire, mare,
però
non soffrire pare;
però
non supplire e andare care,
però
non su mire a dare.
E
poi son troppi a far fai vedere,
però
son troppiati a sfere;
e
poi son vediatri a chi non lo bere,
e
poi son troppi a tinolo cere.
E
a cosa d’altro non saprei neanche più,
e
a cosa d’altro né a ù.
E
a cos’altro né a cosa anche tu,
e
a cosa d’anche vieppiù.
Ma
forse è con ciò però no,
ma
forse e no e no,
ma
forse è con può e non so,
ma
forse un po’ con lo sto.
Così
son cossì cossà,
cosfrì
cosfrà, conscritto a mire.
Consì
son con chi con ca,
non
si non sa può lo può dire.
Con
chi son soffritto a fare
a
dire e andare stare?
Così
son conflitto appare.
Andare
ancora non è più il tempo d’una volta.
E
giorni sensati immaginare giorni
a
ripiegare in bell’ordine le ore stirate,
e
programmare sorrisi di ricordi
in
nuove confezioni d’autore però sconto cassa
e,
a buon rendere, il senno di poi.
Ma
tu se ci fossi tu.
O
a voler ridurre un tempo non richiesto
con
suicida allegria, o lasciarsi sorprendere,
con
un po’ di compiacente pudore,
in
un orgasmo di unanimità si però,
e
che dire, e che dire, e che dire.
Ma
tu se ci fossi tu.
Rifiutando
gli accenti molesti, le frasi turbate,
le
parole di troppo, le espressioni appuntite,
a
imbottire le orecchie irritate
di
canzoni graziose, melodiche rime,
di
versetti abboccati, di proverbi d’annata.
Ma
tu se ci fossi tu.
Poi
dormire abbastanza,
e
sognare abbastanza,
e
svegliarsi abbastanza
quando
il sole è abbastanza
e
anche questo è abbastanza.
Ma
tu se ci fossi tu.
E
tu se ci fossi vera reale fredda presente,
d’un
altro tempo sempre presente,
d’un
altro luogo sempre presente,
e
d’altri luoghi.
E
tu se ci fossi vera reale malinconica assente,
tu
dall’oggi al domani e chissà,
tu
che lo so, tu che vorrei,
tu
che farei, tu che direi.
E
tu se ci fossi vera reale triste sfuggente,
tu
coi verbi scontati e le frasi prestate,
col
bel modo di essere, col bel modo di avere,
col
bel modo di stare, col bel modo di andare.
E
tu se ci fossi a cercarti lontano o inventarti vicino,
a
vestirti e svestirti di nostalgica storia,
a
incontrarti per caso o già averti trovato,
non
sapere chi sei o già averti vissuto.
E
tu se ci fossi.
Per
trovarsi a parlare di mani,
le
tue mani, le mie mani,
le
mani di memoria, le mani da raccontare,
le
mani da lavare, le mani da toccare,
le
mani avanti, le mani del destino,
le
mani da salutare, le mani da lasciare,
le
mani così, le mani di Jeanne-Marie,
le
mani che accarezzano, le mani da accarezzare.
Ma
tu se ci fossi tu se ci fossi tu se ci fossi tu.
E
tu non hai né tempo
né
una volta.
Ma
non venite poi a dire.
Ma
non venite, poi, a dire.
Ma
non venite. Poi. A dire.
Ma…
E
anche stavolta è fatta!
E
anche stavolta.
Anche
stavolta.
Ma
non venite, anche stavolta,
a
dire è fatta.
Ma
non venite poi, anche.
Ma…
E’
fatta.
Ma
non venite poi a dire
anche
stavolta a dire è fatta.
Ma
non fate poi che a fare
sia
già detto ch’è già fatto.
Ma
non fate poi che a dire
sia
già detto ch’è già detto.
Ma
non dite poi che a fare
sia
già fatto ch’è già detto.
Ma
non dite poi che a dire
sia
già fatto ch’è già fatto.
Ma
non dite e poi non fate,
ma
non fate e poi non dite,
ma
non fate e non venite,
non
venite che non fate,
non
venite che non dite,
ma
non fate e non venite.
E
non venite poi a dire,
e
non venite poi a fare,
anche
stavolta a dire e fare,
anche
stavolta a fare e dire,
anche
stavolta a fare e fare,
anche
stavolta a dire e dire.
Ma
non venite.
Ma
non venite.
Non
venite.
Non
venite.
Non.
Non.
Lasciare
andare, lasciare stare,
lasciare
lasciare
lasciare
amare, lasciare odiare,
lasciare
lasciare
lasciare
fare, lasciare avere,
lasciare
lasciare
lasciar
cadere, lasciar finire,
lasciare
lasciare
lasciar
subire, lasciar potere,
lasciare
lasciare
lasciar
godere, lasciar morire,
lasciare
lasciare.
Lasciar
lasciare le cose chiare,
lasciar
lasciare parole amare,
lasciar
lasciare le frasi avare,
lasciar
lasciare dimenticare.
Lasciar
lasciare lasciar gradire.
Lasciar
lasciare lasciar zittire.
Lasciar
lasciare lasciar patire.
Lasciar
lasciare lasciar dormire.
Lasciar
lasciare per non dovere.
Lasciar
lasciare per non vedere.
Lasciar
lasciare per non sapere.
Lasciar
lasciare per non volere.
Lasciar
lasciare per non sentire,
lasciar
lasciare per non capire,
lasciar
lasciare per non pensare,
lasciar
lasciare per non lasciare.
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è.
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è.
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è.
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. Oggi?
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. E ieri non
c’era?
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. E ieri non
c’era?
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. Forse c’era,
però…
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. O non c’era,
però…
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. E’ altra
cosa,
però.
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. E’ altra
cosa,
però.
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. E domani
però?
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. E domani
però?
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. Oggi e domani.
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. Oggi è
domani.
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. Domani oggi
è
domani.
Oggi
c’è. Oggi c’è. Oggi c’è. Oggi
c’è.
Oggi c’è.
2/4
Mamme,
oggi c’è.
Bambini,
oggi c’è.
Signori,
oggi c’è.
Tutti,
oggi c’è.
Everybody:
Oggi
c’è, oggi c’è.
Oggi
c’è, oggi c’è.
Oggi
c’è, oggi c’è.
Oggi
c’è, oggi c’è.
Ad
libitum:
Oggi
c’è, oggi c’è.
La
ragione
L’ère
des phrases mécaniques recommence
Louis
Aragon
Gliene
han date di santa ragione!
Gliene
han date a chi di ragione!
Non
voleva sentire ragione.
Non
voleva portare ragione.
Per
non saper farsene una ragione
poi
le ha prese a buona ragione.
Tutto
è andato a veduta ragione,
si
è affermata la vera ragione.
E
sapete qual è la ragione?
Bisognava
pur avere ragione
di
chi non sa usar la ragione
e
a sproposito vantava ragione.
Anche
il tempo ne ha dato ragione
e
la storia ne sarà la ragione.
Sarà
reso di comune ragione
da
quale parte non si accetta ragione.
Oh
Ragione, che Santa Ragione sei tu!
Ragion
per cui, a torto o a ragione,
chi
ha ragione ha sempre ragione.
Non
perdete la calma.
Non
perdete la calma.
Dio!
non perdete la calma.
Non
perdete, non perdete,
riponete,
pensate,
state,
aspettate,
riflettete.
Smettete,
smettete,
rifate,
riavete,
non
cadete,
non
muovete,
smussate,
scindete.
Reggete,
reggete,
accogliete,
assentite,
udite,
adempite,
non
stringete,
non
chiudete,
intercedete,
avvertite.
Togliete,
togliete,
dissociate,
astenete,
convertite,
tacete,
languite,
attutite,
recedete,
riferite,
applaudite,
pascete,
dormite.
Giacete,
giacete,
restate,
non
distruggete
non
contraddite,
non
scegliete,
non
dovete,
non
rompete,
non
avvenite.
Traete,
traete,
esprimete,
rifate,
riflettete,
aspettate,
state,
pensate,
riponete,
perdete.
Perdete
la calma.
Perdete
la calma.
Dio!
perdete la calma.
“Siete
sul treno per il futuro?”
Slogan
su un manifesto d’una compagnia di assicurazioni
Siete
sul treno per il futuro?
Siede
sul treno per il fuduro?
Siepe
sul treno per il fupuro?
Siete botas ho lasciato andare,
siete
barquillos vicino al mare,
siete
caballos ad abbeverare,
y
tres naucleros per osservare.
Sali
sul treno del tuo futuro.
Tabacchi
biondi e di tipo scuro.
Chinino
bianco e sodio cloruro.
Siete
naucleros ho lasciato andare,
siete
botas vicino al mare,
siete
barquillos ad abbeverare,
y
tres caballos per osservare.
Non
perdere l’unno del tuo futuro.
Non
perdere il dueno del tuo futuro.
Non
perdere il treno del tuo futuro.
Siete
caballos ho lasciato andare,
siete
naucleros vicino al mare,
siete
botas ad abbeverare,
y
tres barquillos per osservare.
E’
il treno giusto per il futuro?
Siete
sul treno? Siete al sicuro?
Siete
sul treno? O davanti al muro?
Vinci,
Leonardo, Vinci
non
è il paese di Leonardo Vinci !
Ma
tu vinci, Leonardo, vinci !
Basta
la busta e vinci,
scarta
la carta e vinci,
stacca
una tacca e vinci,
smaglia
una maglia e vinci,
mangia
l’arancia e vinci,
sballa
una balla e vinci,
spacca
un bel pacco e vinci,
usa
una blusa e vinci,
schiocca
la bocca e vinci,
scalda
una cialda e vinci,
stringa
un’aringa e vinci,
scassa
una cassa e vinci,
sfrutta
la frutta e vinci,
gratta
la latta e vinci,
sgancia
la mancia e vinci.
Cambi
i ricambi e vinci,
compri
gli sgombri e vinci,
poni
saponi e vinci,
paghi
gli spaghi e vinci,
prendi,
poi rendi e vinci,
lèggi
le léggi e vinci,
tendi
una tenda e vinci,
scagli
due agli e vinci,
spogli
le mogli e vinci,
strigli
i tuoi figli e vinci.
Sotto
un risotto vinci,
sopra
un soprano vinci,
mezzo
per mezzo vinci,
avanti
Ognissanti vinci,
dietro
San Pietro vinci,
dentro
fai centro e vinci,
fuori
gli autori e vinci,
prima
fa rima e vinci,
dopo
fa scopo e vinci,
durante
un istante vinci,
quando
hai un tagliando vinci.
Ma
se si evince
che
vincere t’avvince,
Vinci,
Leonardo, Vinci
è
il paese di Leonardo da Vinci !
Con
il vigore che non ho
o
col pudore che non so recare
a
vincolata presa,
sorpresa
reiterata
sulla
pelle sfiorata, distesa, affascinata
sale
alle stelle col valore aggiunto dell’impresa,
dell’uguale,
desunto
al vaglio della differenza identità,
e
l’indifferenza spostata in un abbaglio
che
sa di ribelle indicatore.
E
che ardore faccia rima con dolore
o
venga prima che si senta il cuore
e
non ha stima per il suo dottore,
chiuso
nel clima del solo sentore,
malore
o più calore?
Bagliore
che non lasci più
né
in su né in giù,
e
sempre, ancora, umore e tu.
Levati
i panni, lavati gli anni,
lodati
inganni, lisciati affanni
sforzati
o esatti e dal candore attratti
che
nelle ore immemore scompare
col
sapore di remore amare,
amare,
amare
e
stremare, nel denso dei contatti,
al
senso che nel corpo tuo s’avvita, ha vita,
e
più intenso è il sapere e la ferita.
Chiudere,
aprire, dare, avere,
parlare
pur che non c’è che dire,
finanche
illudere
o
rimanere nelle attese stanche.
Alle
pretese, e senza mai desistere,
o
esistere, semmai, nel tremito,
nel
gemito, col fremito che appare.