E'
forte come un sogno
Perché abbattersi sotto una corriera
E per sempre le fitte
A chi andrà l'ultima orazione
E cos'altro tradiva il paese
A bordo del traghetto la vita
Cosa trattiene la forza nelle ferite
Il gelo qui non fa scricchiolare i passi
L'udito è tutto in questa fitta
Non
è più una marcia il lavoro
Ci
sono debiti lungo il corso
Benché
si debba togliere l'aratro
E
come varcare la porta dei debitori
Abbiamo
come rovescio del mare
A
volte si trovano sull'altra sponda
Ricordo
un lampo
S'infuriano
come creditori a un passo
Colpevoli,
e forse consueti
Si
adorava più dei cani
Forse
non esiste più il legno
I
fogli stretti alla forza
E
per rimedio l'aria di Lerici
Che
si prenda il debitore
La
ruggine ha un'alba minima
Con
i loro spruzzi hanno tolto
Una
via di paese
E'
forte come un sogno
E' forte
come un sogno
questa
notte irreparabile
questo
femmineo disgregarsi
di voci
portate all'umido domicilio
delle
gallerie.
Dove la
neve tocca, dove c'è neve
per lo
sguardo ipocrita
uno sbaglio
passerebbe per lampo
geniale.
E' la caduta
del sostegno
a rischiarare
offese
come argille
e fango.
Perché
abbattersi sotto una corriera
Perché
abbattersi sotto una corriera
o incrociare
il dondolio
del drogato
dei treni,
perché
agitare ancora le braccia
nel camminare
distanti?
Ombre di
varie ore, volute
come richiamo
appena ventenne
ma già
tolte dalla corrente
alla stazione.
L'amore
troppo grande resta
come una
bella preghiera
proprio
lì dove niente rilascerà
la vita
al suo grazie.
E per sempre le fitte
E per sempre
le fitte
selve di
Natale
confondono
i presagi di strada,
tornano
all'inizio con decisione
fendendo
l'ultimo corpo dondolante
alla stazione
della sopraelevata.
Alle Calate
gli esanimi
continuano
a contare i pellegrini
a ispezionare
le partenze.
C'è
accoglienza e lacrime sparse
ma anche
tonfi sulle rotaie.
Ancora
escono pensando di ritrovarsi
dopo la
mezzanotte.
Per sempre.
A
chi andrà l'ultima orazione
A chi andrà
l'ultima orazione
vicino
agli steli fortissimi del roseto?
Chi
poserà
le mani
sulle
maniglie
del treno per quel nome
di casa
gridato sulle isole?
Dopo una
sfida all'incrocio
qualcuno
prende posto
volta le
svolte
fiuta ogni
bevuta
di vino.
E pioverà
addosso
al giusto cuore dell'anno.
E
cos'altro tradiva il paese
E cos'altro
tradiva il paese,
l'acqua
perduta nel turbine della neve
le bombe
nel fondo degli sguardi
senza
verità
-
soltanto
le strisce verdi sul video
confermano
l'esistenza del cielo.
La zona
franca dell'anno finisce quest'anno.
Una morsa
nel fiotto di sangue, una rotta
scaduta
per colpa della temperatura.
E cos'altro
c'è, senza febbre?
A
bordo del traghetto la vita
A bordo
del traghetto la vita
s'intravede
come attraverso una vetrata.
E sarà
un incontro
sul rovescio
della memoria
un incontro
al casellario della stazione.
La mescola
delle rotte avvolge
come sorte
folgorante
un'isola
di scogli dove sbattere
prima
dell'attracco.
In questo
quartiere ritagliano
i ritratti
dei dispersi
e piegano
le nuche a riscattare
un altro
scoppio sotto i piedi dei figli.
Poi l'intera
terra è un mare interrato.
Cosa
trattiene la forza nelle ferite
Cosa trattiene
la forza nelle ferite
quale occhio
macchiato per ogni scheggia
di rosa
e di argilla da terrapieno?
Corrompono
la festa
calcolando
la rotta e il mare
gli scogli
distinti e la ghiaia
che resiste
ai passi.
E' appena
arrivato un cielo
irresponsabile,
un deposito celeste
per casa
al guardiano dissennatamente
esatto.
Il gelo qui non fa scricchiolare i passi
Il gelo
qui non fa scricchiolare i passi
di quel
testimone a bassa voce -
cattura
la tenerezza nascosta
nelle corde,
nelle prolunghe che trattengono
tutte le
navi. Scende
appena
sotto la riva ma vorrebbe scavare
parallelo
ai fiumi.
E' la sua
inesorabile attesa
a scoprire
la disgrazia dei palazzi
come per
benedire il mezzo vento
la fulgida
riuscita delle nuvole.
L'udito
è tutto in questa fitta
L'udito
è tutto in questa fitta
assoluzione
generale, sentendo addosso
il pieno
vivere dei rami piegati,
nel piegarsi
dell'ultima notte
prima di
avere un colore lilla
per il
nostro bisbiglio.
Non è più una marcia il
lavoro
Non è
più una marcia il lavoro
delle gambe
verso il sopramonte,
e nemmeno
alimenta fumo questo grezzo
doppio
inverno che porta al vivaio
marino
dei pesci-angelo.
Ma c'è
una strada per i cani
macchiati
di tradimento, di silenzio?
Ci
sono debiti lungo il corso
Ci sono
debiti lungo il corso
raffreddato
di levante
- e nessuno
che prenda per mano
la stagione
fino al fondo rosso
come questo
sangue unito a chiazze,
al sale
marino finito sulla strada.
Ci sono
mille mari da prosciugare
mille
frenetici
corvi dentro la prossima
fuga.
Benché
si debba togliere l'aratro
Benché
si debba togliere l'aratro
dai solchi
e le parole
restino
poche e indolenti,
da qualche
mese si destreggiano
per
l'assunzione,
perché
la macchina del secolo rotoli
sotto le
mura.
Non tutti
vogliono vedere dritto
al cuore
del nostro inverno, scoprire
chi è
caduto in mezzo ai campi.
Per ora
il peso della terra corre
in alto.
E
come varcare la porta dei debitori
E come varcare
la porta dei debitori
senza
sgretolare
i fregi
come
trincerarsi
senza scavi dalla fiumana
di gallerie
che arrivano al mare
dai monti.
Vorrei
inciampare ancora nelle rotaie
davanti
casa, ancora una volta se la morte
è
un altro fronte.
Una lisca
senza muscoli, un'illusione di forza
senza
dimenticare
la risata
e la
generazione
dell'acqua.
Abbiamo
come rovescio del mare
Abbiamo
come rovescio del mare
una menzogna
prolungata.
La nave
sul fondo è un tatuaggio
della costa
che se ne va.
Per arrivare
a sabato una stagione
basterà
- una sponda
da folgorare
dopo la
cenere sparsa
con gioia.
Abbiamo
questa tenerezza di ferro
che spinge
furba, ruota l'asse terrestre.
A
volte si trovano sull'altra sponda
A volte
si trovano sull'altra sponda
tenendo
il respiro,
questi
atleti del salto varcano
le reti
del ponte monumentale.
Oggi non
hanno più nemici
fra le
molte luci e l'anno svelto
a continuare.
Ricordo
un lampo
Ricordo
un lampo
fino a
pochi centimetri dal mare,
dalle crune
nascoste sotto
i vestiti
meritevoli e pagati.
Un agguato
teso, facce spalancate
nel suono
della piazza come un accordo
sulle
ferraglie,
rosse
oltre le
vetrate della prua.
Quest'altra
nave oltrepassa i Conservatori
del mare.
S'infuriano
come creditori a un passo
S'infuriano
come creditori a un passo
dall'infanzia,
restano nel venerdì
della morte
dei padri
sfiorando
le crepe
nei muri
e i tatuaggi
dei colpevoli
infastiditi e pensosi.
Mantieni
la rotta, ondeggia
ma cura
il motore, restituisci
le mani
al loro timone.
Era
l'orizzonte
dei circuiti
a volerci
fragili nel male,
consueti
al rimedio come concubine.
Era un
fregio insolente, assurdo, ora
in disuso.
Colpevoli,
e forse consueti
Colpevoli,
e forse consueti
fino
all'ultima
desinenza di Dio.
Ma senza
quel nome
che hanno
rischiato sul molo -
flussi
e riflussi tra palafitte
a bilanciare
i detriti che scendono
dall'anfiteatro.
Si adorava più dei cani
Si adorava
più dei cani
sciolti
fra i Magazzini
il millennio
delle villeggiature,
come ritrovo
sulle sponde
una cadenza
ruvida di suoni bassi
fra lampioni
e container.
Gli angeli
avevano una beata marcia
accalorandosi
di bourbon e rincorse
fin lì
dirette.
Forse
non esiste più il legno
Forse non
esiste più il legno
ma tutta
la pietra nel rame
dorato
di Castello.
Nell'ora
aperta del secolo il midollo
è
alcolico e spinge le gambe
incontro
alla fame ultima
dell'evaso.
Cosa facciamo
di un'improvvisa
offesa
strisciata fino a qui,
al grido
di veglia?
I
fogli stretti alla forza
I fogli
stretti alla forza
conservatrice
del mare. Colpisce
al fianco
questo grezzo canto
che svolta
- alle
sette di sera
un doppio
bagno, una punta di grazia
lasciata
stare
sciolta
per l'esistenza.
E
per rimedio l'aria di Lerici
E per rimedio
l'aria di Lerici
impazzita
nella sua laguna
insulare,
travolta
da quel
tratto di terra sparito.
Come insolito
odore di gente
accampata,
presaga
del lievito
dell'anno arrivato
ai tendini.
Che
si prenda il debitore
Che si prenda
il debitore
su queste
terre
andando
veloci dalla città alla stoffa
del mare,
che ritorni
fregio sul terreno
delle macerie
sepolte.
Tra questo
conservare i biglietti
e l'unione
dei sassi
si rompa
l'esilio del marinaio
per rimediare
al male.
La
ruggine ha un'alba minima
La ruggine
ha un'alba minima
fra le
rotaie di Granarolo.
Anche i
cani indossano corrosioni
sulle alture,
ai Caduti senza croce.
E' la
contrazione
della sete
a prolungare
le curve in salita.
Con
i loro spruzzi hanno tolto
Con i loro
spruzzi hanno tolto
la rete
delle polveri
alla piazza,
hanno
sferzato
il sepolcro volando via
imbevuti
di neve e silice.
Prendo
il loro amore come un'aria
sottile
scegliendo
le piste dalla ghiaia
al finimondo.
Con questo
ritorno all'irreparabile
e lungo
il confine della Torre,
una mezza
riva conosce il passo
l'altra
mezza rivuole indietro
il volo.
Una
via di paese
Una
via
di paese
ai sensi
usati dal cielo sempre chiaro
- perché
Genova rotoli su se stessa
potente
sotto le gambe dei ladri
amica dei
consigli di pace.
Le cartilagini
frullano
dalle Mura
fino alle grate porose di Banchi,
hanno tutta
la forte pressione del peso
che respira
dentro i toraci.
Ossa leggere
per i debitori, per chi
ha ancora
troppa sete.
Che sia
un'ora dilatata pochi lo sanno, ma ci sono molti angeli accampati verso
Castelletto
- con le
borracce semivuote e le poche briciole di pane rimaste, forse
disturbano
la gente,
premono
l'aria sui tetti dalla spianata a porta Siberia.
Fuori dal
cuore resta l'ultimo secolo, sarà facile voltarsi con spalle
leggere,
chiudere gli occhi
e aspettare
che volino via.