(Colori, I)
(Colori,
I)
grigio-fumo
Non
c'è,non c'è
che
un'unica rovina, l'alta
maceria
della vita mediocre -
anche
Amore te rapina.
Con
l'addiaccio e la separatezza
ti
muore sulle labbra l'ansia,
la
vittoria, il lieto fine,
e
slitta e strania
fin
la saliva dell'ultimo bacio.
A
tazze vuote, a mondo fermo
strozza
le vene un soldatino d'aria:
non
è più Eros ma un sopravvissuto
inseguito
da segnali di fumo.
(Colori,
II)
i
rossi i gialli
i
rossi i gialli dagli occhi se ne vanno,
i
bianchi i grigi i bui
di
pallide gocce finali
berli
con precauzione.
la
più mite stagione capovolge i pennelli, si sporge
un
maligno imbianchino dal Po
e
nel gioco si sveste,
intonaca
i muri e ogni rama.
troppo
poco - o troppo a lungo - ho sostato
in
un'astratta vicenda - troppo
(o
invece troppo poco) ho adagiato la sorte
sul
lettino del Caso.
irreparabile
(come le foglie)
anche
il tempo s'intinge col pane.
finito
l'autunno di casa, finite le scorte
navigo
sulla pace (notturna, nebbiosa)
della
pessima volontà.
(Colori,
III)
grigio-nebbia.
(domenica, pensiero)
un
sole maramaldo e maramatto
scrùpola
e sfranga il fondo piatto
della
mia barca: in cerca di me e della nebbia.
la
svolge, la sconvolge, ma la nebbia si sfilaccia
e
lo travolge, mangia il sole e transita la via
con
pallida allegria (o con
rossastra
nostalgia.?) -
vedilo
che tondo in su galleggia
affranto
e affannato per gli sforzi, e allaccia
la
domenica al lunedì, il cuore agli altri
segni
di vita.
ora
che avanza, avanza e vince
la
sua parte di cielo
a
terra la nebbia si appiatta e fa più inverno:
questo
tacito ràbido gelo, questa
solitudine
nel lago dolce del pensiero
che
non pensa, non c'è o non si fa luce
come
nel centro della nuvola di nebbia
lassù
il cero quotidiano
(oppure
il nero)
Viaggiano
le cave giostre
girano il mondo come
nostro (vostro)
Signore voleva
e viaggiano
viaggiano viaggiano
per onde per
ombre nei mari oscuri del sole
vita corsara,
napoli
di marci sapori,
venezia
bàscula
orientale
tenia dei sapori
viene e smangia
la poca voglia,
la niente gioia
il colorado
delle finte, le pulsioni ingrate
è il
“giorno dopo giorno” che è difficile
la luna che
non c’è e più non cerca
di uscire,
la vita di corsa
i chiodi che
si strappano
e viaggiano
viaggiano viaggiano
per onde per
ombre nei mari oscuri del sole.
Su
un lago
su un lago
dipinto da Cézanne, poi
dalla nera
nerità trapassato
lo sparo traditore
dalle sponde
di guerra in
guerra Marte secondo
a venire nella
settimana
ecco che lascia
sul dopoamore
dietro colonne
dalla pisciosa vecchiaia
dalla solita
bontà degli amoureaux
annerite
un delicato
meccanismo,
la ragione
di vivere.
Marionette
(I Giganti
della montagna)
Al centro stanno
le maschere, i geni
immemoriali
del “Nò”,
motori immobili
Di colpo l’anima
li sveglia,
li drizza,
gli dà cuore, fantocci
di un vivere
riflesso
danzanti senza fili
Un
sogno
(con Vanni
Scheiwiller)
Come volando,
dal suo trono aurato
di libri e
di plaquettes
fino al pulpito
scendeva
a un
buio tavolo di serie monachina
Vanni
Minòs
Protervo
e tremendissimo:
da lì
guatante con dispregio
allampanava
tutto
storcendosi
arringava
e me puniva
(che forse non c’ero) con
ironica malizia
(o irosa arguzia)
“Ma perché
continui, tormenti perché,
a chieder
bozze, prove di stampa e d’arte?
Non rompere,
ti chiedo”
E lì
finiva, in una
fine nonchalance
ungarettiana
la gloria
di Plutone
iemale
tempestante:
“vedi” – lui
dall’alto
sentenziò –
“La vita è
una maceria”