Perché
a parlare
Del
resto
Encore
un livre
Nel
ritornare alla terra
Sciogli
nei tuoi capelli
L’ultimo
lampo ha un scarto pallido
Ingoio
il mio sperma
Calpesto
i miei sensi
Invoca
la carne
Semplicemente
poggiarmi a una verità chiara
Esserti
nipote nella foce
In
punta di malinconia
Perché
a parlare
“Perché
a parlare
è solo
la voce che si nasconde
nella vergogna
del silenzio”
Nell’essere
colpa e capriccio
di una vergogna
senza padre,
senza pelle
sotto ogni luce
ho voluto
di un altro animale
la pelle e
con l’abito della festa
ho ferito
le ombre di una realtà
contorta su
se stessa
lì
dove la parola si spezza,
nostra acerba
salvezza e pena che non muore.
Del
resto
Del resto
è questo
il gioco,
la fodera
che scolora l’immagine
scattata da
chi ama,
da chi sta
accanto a te,
dietro il
tuo corpo.
Due fiumi
un respiro
che accoglie in un unico ponte
due fiumi,
lì
dove la schiena si piega
e gli occhi
chiedono il segno del padre.
Nel luogo più
insignificante, ma più vasto
scavano la
propria fossa i vivi
come rostri,
come pane rotto
in una allegra
allegra litania
Encore
un livre
Encore un livre;
fare di me
ancora un libro
nel mio
andarmene
civile,
da buona
persona,
da serpente
che si muta
il veleno…
non ho calli
sulle mani,
la terra era
stata dissodata…
l’indifferenza
scomposta delle cose
cede alle
ombre il mio vento
per quel noi
che altro non è
se non un
io frantumato e scritto
Nel
ritornare alla terra
Nel ritornare
alla terra
saranno
più
cupi i lamenti
e più
docili gli uomini.
Lo stendardo
della realtà issato,
in alto, sopra
le teste, sarà
il monito
per farsi ancora più attori,
per non cedere
alle braccia il vuoto,
il rumore
di un legno nel suolo,
conficcato,
per farsi radice e morire.
Un odore di
castagne, di nebbia
inviterà
al fuoco i ragazzi quieti
un passaggio
di consegne, un alibi
nel freddo
sarà il fasullo ristoro
di un altro
fuoco, lo sfregarsi delle mani
e farti fumo
sarà solo un gesto non tuo,
un credere
ad altri e saprai, lo so,
che anche
quando la fiamma si affievolisce
e langue,
tu puoi solo bruciare.
Sciogli
nei tuoi capelli
Sciogli nei
tuoi capelli
la mia voce,
lo scatto
che si infossa, che
cede al primo
rumore acido
del cielo.
Un’altra Nostra
Signora,
un’altra
mancanza,
l’ultima
zuppa che
mangiamo, davanti
al computer
che termina
l’opera, un
oppio di schiuse
che fanno
diga,
tra nani da
giardino, lì fuori,
che come amuleti
rinominano
i fiori, i
cosi,
per il lascito
– generalizzato –
di chi non
torna.
L’ultimo
lampo ha un scarto pallido
L’ultimo lampo
ha un scarto pallido
una mitezza,
una terra che hai scovato
in un avvento
di fiati,
nella cerimonia,
in un’avvenire
che non ha
necessità, né atto.
Mi tramando,
se vorrò,
nello scontro,
in un’abitudine
da salotto
borghese, in un
giro-girotondo
ordinato,
in un battesimo
in una fede
in cui non
credo.
Mi invito in
qualcosa, nel suono
di Hendrix
“tears burning me in my soul”.
Pago la mia
veglia, una dedica
senza invito
Ingoio
il mio sperma
Ingoio il mio
sperma, e
disciplino
lo sguardo –
fino alla
quiete…in una tazza
marrone da
caffè.
Feto in uno
stesso feto
mentre fuori
un’arma spara
riascolto
il battito e rivendica
lo strazio
di un’utopia,
mi
spara
il rumore amaro
che mi vuole
presente.
Lì m’ingrembo
e genero
un’affermazione.
Calpesto
i miei sensi
Calpesto i
miei sensi,
mangio pane
nero
di puro sfogo.
(lo credevo
morto il teatro
di figura,
l’arte delle marionette,
l’invocare
la distanza)
Se guardo in
uno specchio
non vedo che
me stesso,
un cadavere
indisciplinato
(…un disegno
di Giacometti alle pareti…
e…donne
che parlano di Michelangelo…)
Invoca
la carne
Invoca la carne
chi non ne
conosce il martirio
e la fame.
La fame di
ciò che non ci è mai
appartenuto;
né il drappo di una
riscossa,
né la fuga…
“L’assoluto
non si può scongiurare…”
dici
attraversando
i cancelli
di un amore
anoressico che squama
la tua pelle…le
sue ossa
e abbracci
i grammi, il brumoso
odore di Milano,
unico dono
nel nostro
dono.
Semplicemente
poggiarmi a una verità chiara
Semplicemente
poggiarmi a una verità chiara,
che resti
cioè a un solo taglio.
(A. Artaud)
L’armonica
verticalità, la sembianza
come stille
d’uno scisma
è
un’armonia
non ancora data
-a noi-
nel cavo di
un’altra sembianza.
La poesia
non basta ai cuori sazi,
all’oggetto
che non si dà schermo, scherno
di altri passi.
E noi si va, si va, ma non basta…
…affossare
i propri pensieri negli uomini,
nel gracchiarsi
di un corpo, ricucio
le ossa, le
stasi, il greto incastro
di un vigore
sfatto, non muto, che manca e vuole.
Esserti
nipote nella foce
Esserti nipote
nella foce che
non si spiega,
contratta
fonte non data, origine
bagnata che
arranca nelle mie mani,
nel mio naso,
in un ventre di altri argini,
in cui sei
senza essere…le mie labbra,
la luce di
una terra in te crepata.
In
punta di malinconia
In punta di
malinconia
sbercio il
liquore dei trent’anni
e ancora trenta,
senza dialetto
né
appartenenza.
L’anatomia
della malinconia,
incunabolo
indaco, le tue valli,
un tu che
sia io per darmi una veste,
le armi illese
di uno spaventapasseri.
Da null’altro
che da un altro nulla,
la disillusione
sta in ciò che la metafora
cela, nel
tempo dei cani neri, dei martiri
esuli, dell’offesa.