1.
E' odore d'erba
2.
Diano 2
3.
Diario 3
4.
Cuncta sempre (I)
5.
Cuncta sempre (II)
6.
Cuncta sempre (III)
7.
I nostri (I)
8.
I nostri (II)
9.
I nostri (II)
10.
Frammenti per il poemetto di Patmos (I)
11.
Frammenti per il poemetto di Patmos (II)
12.
Frammenti per il poemetto di Patmos (III)
13.
Frammenti per il poemetto di Patmos (IV)
14.
Frammenti per il poemetto di Patmos (V)
15.
Frammenti per il poemetto di Patmos (VI)
16.
Frammenti per il poemetto di Patmos (VII)
17.
Frammenti per il poemetto di Patmos (VIII)
18.
Frammenti per il poemetto di Patmos (IX)
19.
Poemetto della regione inarrivabile (I)
20.
Poemetto della regione inarrivabile (II)
21.
Poemetto della regione inarrivabile (III)
22.
Poemetto del ritrovamento fiume (I)
23.
Poemetto del ritrovamento fiume (II)
24.
Poemetto del ritrovamento fiume (III)
1.
E' odore d'erba
E' odore
d'erba
Memoria
anche questa
Fu il tempo
in cui vinsi la morte
se gli
occhi fanciulli ebbero forza
a vivere
il massacro,
il grido
dei morti
venne anche
nel sonno
Mio padre
mi guardava con fermi occhi
mi narrava
dì cose di una volta
e fu un
modo di vivere
A sera,
nel ricovero,
veniva
a tratti il quieto odore d'erba
mio padre
ne parlava
come
dì
un miracolo
2.
Diano 2
Nel vento
che muove
atomi
invisibili
polvere di luna
guizzi
di fuoco e franta acqua
o cuce
da albero a albero una fitta selva di colori
e ribadisce
nella gola per sentieri di montagna
in lucidi
asfalti
che vivere
è nel divenire delle cose
Nel
fermissimo,
vento
è
chiusa la nostra storia di uomini
le migrazioni
degli uccelli albe soli mattinali
lo stesso
pianto del bambino eguale e non più eguale
se è
vero che il tempo fluisce
e cattura
l'alfa e l'omega delle cose
Nel vento
e ai margini
di un gesto a una parola
a uno sguardo
di chi ci passa accanto
e muta
noi foglie pietre occhi mani suono della voce
colori
i cangianti
colori di acque e nuvole
i volti
dei figli
3.
Diario 3
Anche per
questo ho appreso l'abitudine
ad ascoltare
le tue parole, padre,
tu parabolano
per umori per pollini ventosi
le pietre
muschiate conoscono i racconti dei pastori
un occhio
alla capra e un altro a tessere le storie
di luoghi
dove le paure apparivano, luoghi di sortilegio,
parabolano
dunque costretto poi a vivere il mondo
e a
raccontarmelo,
così si cresce - dicevi - così si cresce
E
perciò
vai ora, ora e sempre,
come gli
antichi pastori cacciati dalla terra
un occhio
alla capra e un occhio a cogliere essenze
a distillare
il senso delle cose
e raccontale
ai figli - mi dici -
questi
tuoi figli nati diversamente
che il
vento non gli ha portato sul nascere
odori e
voci della terra,
questi
tuoi figli suoi contumaci, ora e sempre,
e allora
occorre riannodarli alle radici
ecco
perché
riscopriti parabolano anche tu
4.
Cuncta sempre (I)
Si sfilano
ancora
per una
fibrillazione del sangue
le ceneri
della parola calde
tramano
poche faville il filo grigio
che la
mano persegue
il guizzo
e null'altro
Cuncta
semper. . . certo...
ma
chissà
dove esse si dispongono
in un luogo
di immobili querce
per un
cielo che è fermo
più fermo
della
curvatura
dei tempo
azzurro
il tempo fino allo spasimo
e curvo
là dove il discrimine
confonde
vento e profumi
e le nostre
minute carovane non approdano
vinte come
sono dal deserto della consuetudine
Dentro...
cuncta semper.. certo...
un groviglio
il più fondo
inestricabile
grumo di eventi-parole
cenere
calda cenere grigia
dove il
gesto non interviene più
dove
basterebbe
la persuasione
d'essere
stati vivi indispensabili
per un
manipolo di giorni
5.
Cuncta sempre (II)
Una tra
le infinite polverose
distanza
colmata finalmente
si slarga
in questa abituale sortita di primavera
se soccorre
l'occhio
e segue
ad una ad una le ginestre
e poi come
esse si fanno mare
che
disseppellisce
e ricuce
il giallo
dondolio della montagna
Essa cerca
per un'abitudine
sempre
l'abitudine grigia
il suo
luogo lo scorcio l'andito
il suo
tempo anche
la perentoria
consonanza
la stessa
che richiede che è sua
la ginestra
al tempo di primavera
se il vento
asseconda il soffio dell'erba
sotto il
piede
La pozza
di luce cancella
espansa
folgore senza slabbrature
oh a quel
tempo
parrebbe
eterna la luce e cancella tronca
gli
avvolgimenti
quei sottili avvolgimenti
che legano
in un sottobosco di memorie
e ripropone
il miracolo della ripetizione
6.
Cuncta sempre (III)
Altra nebbia,
quella viva delle incerte mattine
di maggio
per la collina
quella
che poi il sole scardina
ulivo dopo
ulivo
e dissotterra
il fiato della casa
altra nebbia
ha pareggiato materiati gorghi
e li ha
colmati di un suo respiro grigio
o
l'inamovibile
nebbia
questa
volta della notte
dove le
parole risultano echi
ramificazioni
essenze
tenaci persistenti
Dove in
ressa si affannano i volti
dalla loro
regione disabitata
il marmo
dei volti
essi essi
che chiedono
il consenso
e ribadiscono
la particula
del tempo
insieme
consumata su strade usuali
screpolate
strade ora
che non
trattengono
un solo
segno della loro persistenza
7.
I nostri (I)
Dove - il
luogo delle concatenazioni
è
vero che primavera o autunno
coincidono
ancora per flussi rigeneratori
o apparenti
morti -
i ritorni
i progettuali
ritorni
che il
vento o il sommovimento delle nubi
per il
crinale bruciato dello strame riscavano
Finalmente
il passo
richiede la sua quiete
e l'occhio
si infigge dove agiscono
le sottili
e minute creature dell'aria
esperte
del canto
o le altre
della terra, anche il serpe
il giacimento
spontaneo o l'erba o una viola di ciglio
le stesse
disimparate
per
insensatezze
di desiderio
Il brodo
caldo dell'esistere
risana
come risana
le
screpolature
delle labbra
espande
la sua sanità l'aroma dell'asprigno prunastro
e impazzisce
il turbine dei pollini
l'umidore
dei vento
8.
I nostri (II)
E' notte,
l'ora del ritorno, la crudele notte
dei Carro
che ribadisce solitudini stellari
il non
senso dei nostri pochi tragitti
e tramano
i neon
disperazione
dissipazione
che la
pietà dell'alba non colma
la pietosa
luce la pietà della luce
non cancella
gli attossicatì pomi della notte
e le tenebre
infinitamente trapassano i neon
Oh le
corolle!
il tremuoto delle corolle
se il vento
della montagna
nasce per
uno spasimo
e s'inerpica
il desiderio
e sogna
il cuore il sogno delle vastìtudini
L'isola
felice
ad essa
è negato - ancora - il ritorno
e le usuali
storie le prime
già
Espero trama
solitudini
9.
I nostri (III)
Si gonfia
il desiderio dei mare
ricerca
smarrite peripezie
simmetrie
i lidi
concavi di luna
precipizi
la rotta
infissa dell'Olandese
nutre amore
disamore
è
il solo ormai solo
conosce
la piegatura della Croce del Sud
quando
l'equatore ruota
e maree
prolungano il moto delle stelle
le desolate
anabasi del desiderio
Il suo
ritorno smagrisce:
accensioni
e spegnimenti del polo
incidono
rughe sul mare
si
corrispondono
le bianche aurore vermiglie
i bianchi
del ghiaccio
e
l'ossessione
dell'eterno ritorno
in un
navigare
senza remo
10.
Frammenti per il poemetto di Patmos (I)
E' in un
rombo
è
un rombo solo
stasera,
qui a Patmos,
questo
mare greco,
Nel suo
rombo le traversie
che da
Itaca distrassero Ulisse
Sulla
scogliera
stasera pare
che liberi
il suo ansito
il suo
struggimento
e che
cancelli
con rabbia
la blandizia
dei suoi colori
11.
Frammenti per il poemetto di Patmos (II)
Pare, ho
scritto
- con l'amaro
dentro
ed è
sorso di cicuta -
avverto
di aver disimparato la sua voce:
vuole altri
ascolti
la voce
di questo mare
vuole i
silenzi dell'anima
anche quando
come stasera
si fa rombo
sulla scogliera,
vuole
solitudini
che
più
non abbiamo
e che forse
toccherà ritrovare
al marinaio
delle stelle
12.
Frammenti per il poemetto di Patmos (II)
Eppure
alieno
alla sua voce
ascolto
e ascolto
ma si
disperde
all'orecchio
la sua
mutevolezza
là
quando l'onda s'inarca alta
o là
quando, per un attimo,
s'incupisce
plumbea
infinita
lastra che stride:
di questo
alto e basso
i due estremi
perdo la
linea di congiunzione
la sola
che possa forse
riportarci
a cogliere
l'insieme
delle cose
così
come esse si dispongono
in intedore
homine
e là
esse si fanno
senso
13.
Frammenti per il poemetto di Patmos (III)
Al di qua
dunque
e mi sento
frammentato
dai troppi
bisogni
schegge
anche non mie
di fatti
che mi legano
e si fanno
sordina
di quelle
poche voci e luci
necessarie
Ora
più
necessarie
14.
Frammenti per il poemetto di Patmos (IV)
Sono qui,
a Patmos,
ma molto
di me
non è
ancora approdato:
scissura
scardinamento
è
stare in luoghi diversi
e allora
è un vedere
e insieme
un non vedere
s'intristisce
l'occhio
che coglie
il bordo delle cose
e non le
trapassa
15.
Frammenti per il poemetto di Patmos (V)
Toccarle,
le cose
nemmeno
basta più:
o almeno
a me non basta
Al modo
dello sguardo
anche il
tatto
Questi
ciottoli marini,
lampi li
chiamano qui,
questi
ciottoli marini dico
che
ribadiscono
in sé
colore
e musica
il loro
colore
é
balenio lama intarsio
è
acqua e luce
e la musica
il loro
perpetuo franare
verso solo
verso il mare
smuoiono
nella mia mano
Svuotata
del suo calore
la mia
mano
si fa essa
stessa una fredda cosa
16.
Frammenti per il poemetto di Patmos (VI)
Ho detto
delle mie
deprivazioni
come esse
abbiano
tracciato dentro i luoghi dell'assenza
e cancellato
un poco alla volta
anche profumi
e saporì
quello
delle stoppie appena tagliate
dopo la
pioggia
o il salino
dei mare sulla brezza
Così
tutto si slabbra
e ad un
tempo si fa immobile
una
fissità
delle cose e nelle cose
icone che
non trasmigrano
da Altre
contigenze, Caramanica, Marina di Minturno 1999
17.
Frammenti per il poemetto di Patmos (VII)
Forse perché
più non parliamo
o se crediamo
di parlare
ci facciamo
remoti bozzoli
chiuse
conchiglie
Ci condanna
al silenzio
l'usura
di un polverio di voci
senza radici
e scopi
18.
Frammenti per il poemetto di Patmos (VIII)
La parola
nostra ha sì un suo suono,
malioso
anche talvolta,
ma persuasivo
no
non fa
consuonare essa
ciò
che è esterno a noi
e ciò
che è eterno in noi
Essa descrive
ormai
e non trafigge
Non è
più
rombo che
si fa luce.
19.
Poemetto della regione inarrivabile (I)
Radente
perviene
il corto
respiro della luce
con il
suo passo di pietra
e il poco
verde scivola
lungo i
cigli
nel gioco
ventoso
di quest'ora
d'alba
in attesa
che si divida il mare
e mostri
una
la sua
(o di chi?) possibile rotta
20.
Poemetto della regione inarrivabile (II)
Ancora inverno:
il puntuale
inverno
e il suo
grido di muschio
E’ più
fermo questo:
come
più
ferma la pena del passero,
il suo
sonno in desolate radure
Dai pozzi
nei piovaschi
altre stagioni
o tracce
ingrigite
di sortite
improbabili
Null'altro
in questo
spoglio silenzio
Batte qui
il sangue i suoi labili segni
e s'addentra
l'anima
procede
sempre più sola
tenta essa
la regione
inarrivabile dei puro
21.
Poemetto della regione inarrivabile (III)
Dove l'informe
respiro
nostro
di uomini
sia esso
stesso
il bagliore
dell'erba
il suo
sussulto
22.
Poemetto del ritrovamento fiume (I)
Può
tornare il fiume
a scorrermi
nelle iridi
può
riprestarmi
il suo
sapore d'acqua
quando
a colme mani
bevevo
il suo freddo
il suo
verde profondo?
Vi scorre
il mio sangue giovanile
le piene
sue pulsazioni
le stesse
delle radici
esplose
nella fiammante
luce delle
foglie?
23.
Poemetto del ritrovamento fiume (II)
M’interrogo
silenzioso
al tuo silenzio:
forse da
te ho appreso
a desiderare
la quiete?
Ancora
mi persuade
la pazienza
delle tue anse?
Mi consegna
essa
nel tuo
scambievole verde
d'acque
di foglie
il senso
delle diaspore?
Fa chiaro
l'intreccio
estremo
delle
vicissitudini?
Può
sciogliere
il ghiaccio
dei passi?
24.
Poemetto del ritrovamento fiume (III)
Il mio respiro
d'uomo
non è
che una sola tua ruga?
E' in questo
tuo incresparti appena
al sommo
di una corrente vertiginosa?
Le mie
cose, fiume restano
dunque
al tuo fondo?
da Altre
contigenze, Caramanica, Marina di Minturno 1999