VICO ACITILLO 124 - POETRY WAVE
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Direttore: Emilio Piccolo


Sans passion il n'y a pas d'art


Calamus
Almanacco di poesia


Rodolfo Di Biasio

   
1. E' odore d'erba
2. Diano 2
3. Diario 3
4. Cuncta sempre (I)
5. Cuncta sempre (II)
6. Cuncta sempre (III)
7. I nostri (I)
8. I nostri (II)
9. I nostri (II)
10. Frammenti per il poemetto di Patmos (I)
11. Frammenti per il poemetto di Patmos (II)
12. Frammenti per il poemetto di Patmos (III)
13. Frammenti per il poemetto di Patmos (IV)
14. Frammenti per il poemetto di Patmos (V)
15. Frammenti per il poemetto di Patmos (VI)
16. Frammenti per il poemetto di Patmos (VII)
17. Frammenti per il poemetto di Patmos (VIII)
18. Frammenti per il poemetto di Patmos (IX)
19. Poemetto della regione inarrivabile (I)
20. Poemetto della regione inarrivabile (II)
21. Poemetto della regione inarrivabile (III)
22. Poemetto del ritrovamento fiume (I)
23. Poemetto del ritrovamento fiume (II)
24. Poemetto del ritrovamento fiume (III)


1. E' odore d'erba

E' odore d'erba
Memoria anche questa
Fu il tempo in cui vinsi la morte
se gli occhi fanciulli ebbero forza
a vivere il massacro,
il grido dei morti
venne anche nel sonno
Mio padre mi guardava con fermi occhi
mi narrava dì cose di una volta
e fu un modo di vivere
A sera, nel ricovero,
veniva a tratti il quieto odore d'erba
mio padre ne parlava
come dì un miracolo


2. Diano 2

Nel vento che muove
atomi invisibili polvere di luna
guizzi di fuoco e franta acqua
o cuce da albero a albero una fitta selva di colori
e ribadisce nella gola per sentieri di montagna
in lucidi asfalti
che vivere è nel divenire delle cose
Nel fermissimo, vento
è chiusa la nostra storia di uomini
le migrazioni degli uccelli albe soli mattinali
lo stesso pianto del bambino eguale e non più eguale
se è vero che il tempo fluisce
e cattura l'alfa e l'omega delle cose
Nel vento
e ai margini di un gesto a una parola
a uno sguardo di chi ci passa accanto
e muta noi foglie pietre occhi mani suono della voce
colori
i cangianti colori di acque e nuvole
i volti dei figli


3. Diario 3

Anche per questo ho appreso l'abitudine
ad ascoltare le tue parole, padre,
tu parabolano per umori per pollini ventosi
le pietre muschiate conoscono i racconti dei pastori
un occhio alla capra e un altro a tessere le storie
di luoghi dove le paure apparivano, luoghi di sortilegio,
parabolano dunque costretto poi a vivere il mondo
e a raccontarmelo, così si cresce - dicevi - così si cresce
E perciò vai ora, ora e sempre,
come gli antichi pastori cacciati dalla terra
un occhio alla capra e un occhio a cogliere essenze
a distillare il senso delle cose
e raccontale ai figli - mi dici -
questi tuoi figli nati diversamente
che il vento non gli ha portato sul nascere
odori e voci della terra,
questi tuoi figli suoi contumaci, ora e sempre,
e allora occorre riannodarli alle radici
ecco perché riscopriti parabolano anche tu


4. Cuncta sempre (I)

Si sfilano ancora
per una fibrillazione del sangue
le ceneri della parola calde
tramano poche faville il filo grigio
che la mano persegue
il guizzo e null'altro
Cuncta semper. . . certo...
ma chissà dove esse si dispongono
in un luogo di immobili querce
per un cielo che è fermo più fermo
della curvatura dei tempo
azzurro il tempo fino allo spasimo
e curvo là dove il discrimine
confonde vento e profumi
e le nostre minute carovane non approdano
vinte come sono dal deserto della consuetudine
Dentro... cuncta semper.. certo...
un groviglio il più fondo
inestricabile grumo di eventi-parole
cenere calda cenere grigia
dove il gesto non interviene più
dove basterebbe la persuasione
d'essere stati vivi indispensabili
per un manipolo di giorni


5. Cuncta sempre (II)

Una tra le infinite polverose
distanza colmata finalmente
si slarga in questa abituale sortita di primavera
se soccorre l'occhio
e segue ad una ad una le ginestre
e poi come esse si fanno mare
che disseppellisce e ricuce
il giallo dondolio della montagna
Essa cerca per un'abitudine
sempre l'abitudine grigia
il suo luogo lo scorcio l'andito
il suo tempo anche
la perentoria consonanza
la stessa che richiede che è sua
la ginestra al tempo di primavera
se il vento asseconda il soffio dell'erba
sotto il piede
La pozza di luce cancella
espansa folgore senza slabbrature
oh a quel tempo
parrebbe eterna la luce e cancella tronca
gli avvolgimenti quei sottili avvolgimenti
che legano in un sottobosco di memorie
e ripropone il miracolo della ripetizione


6. Cuncta sempre (III)

Altra nebbia, quella viva delle incerte mattine
di maggio per la collina
quella che poi il sole scardina
ulivo dopo ulivo
e dissotterra il fiato della casa
altra nebbia ha pareggiato materiati gorghi
e li ha colmati di un suo respiro grigio
o l'inamovibile nebbia
questa volta della notte
dove le parole risultano echi
ramificazioni
essenze tenaci persistenti
Dove in ressa si affannano i volti
dalla loro regione disabitata
il marmo dei volti
essi essi che chiedono
il consenso
e ribadiscono
la particula del tempo
insieme consumata su strade usuali
screpolate strade ora
che non trattengono
un solo segno della loro persistenza


7. I nostri (I)

Dove - il luogo delle concatenazioni
è vero che primavera o autunno
coincidono ancora per flussi rigeneratori
o apparenti morti -
i ritorni
i progettuali ritorni
che il vento o il sommovimento delle nubi
per il crinale bruciato dello strame riscavano
Finalmente
il passo richiede la sua quiete
e l'occhio si infigge dove agiscono
le sottili e minute creature dell'aria
esperte del canto
o le altre della terra, anche il serpe
il giacimento spontaneo o l'erba o una viola di ciglio
le stesse
disimparate
per insensatezze di desiderio
Il brodo caldo dell'esistere
risana come risana
le screpolature delle labbra
espande la sua sanità l'aroma dell'asprigno prunastro
e impazzisce il turbine dei pollini
l'umidore dei vento


8. I nostri (II)

E' notte, l'ora del ritorno, la crudele notte
dei Carro che ribadisce solitudini stellari
il non senso dei nostri pochi tragitti
e tramano i neon
disperazione dissipazione
che la pietà dell'alba non colma
la pietosa luce la pietà della luce
non cancella gli attossicatì pomi della notte
e le tenebre infinitamente trapassano i neon
Oh le corolle! il tremuoto delle corolle
se il vento della montagna
nasce per uno spasimo
e s'inerpica
il desiderio
e sogna il cuore il sogno delle vastìtudini
L'isola felice
ad essa è negato - ancora - il ritorno
e le usuali storie le prime
già Espero trama
solitudini


9. I nostri (III)

Si gonfia il desiderio dei mare
ricerca smarrite peripezie
simmetrie
i lidi concavi di luna
precipizi
la rotta infissa dell'Olandese
nutre amore disamore
è il solo ormai solo
conosce la piegatura della Croce del Sud
quando l'equatore ruota
e maree prolungano il moto delle stelle
le desolate anabasi del desiderio
Il suo ritorno smagrisce:
accensioni e spegnimenti del polo
incidono rughe sul mare
si corrispondono le bianche aurore vermiglie
i bianchi del ghiaccio
e l'ossessione dell'eterno ritorno
in un navigare senza remo

10. Frammenti per il poemetto di Patmos (I)

E' in un rombo
è un rombo solo
stasera, qui a Patmos,
questo mare greco,
Nel suo rombo le traversie
che da Itaca distrassero Ulisse
Sulla scogliera stasera pare
che liberi il suo ansito
il suo struggimento
e che cancelli con rabbia
la blandizia dei suoi colori


11. Frammenti per il poemetto di Patmos (II)

Pare, ho scritto
- con l'amaro dentro
ed è sorso di cicuta -
avverto di aver disimparato la sua voce:
vuole altri ascolti
la voce di questo mare
vuole i silenzi dell'anima
anche quando come stasera
si fa rombo sulla scogliera,
vuole solitudini
che più non abbiamo
e che forse toccherà ritrovare
al marinaio delle stelle

12. Frammenti per il poemetto di Patmos (II)

Eppure
alieno alla sua voce
ascolto e ascolto
ma si disperde all'orecchio
la sua mutevolezza
là quando l'onda s'inarca alta
o là quando, per un attimo,
s'incupisce plumbea
infinita lastra che stride:
di questo alto e basso
i due estremi
perdo la linea di congiunzione
la sola che possa forse
riportarci a cogliere
l'insieme delle cose
così come esse si dispongono
in intedore homine
e là esse si fanno
senso

13. Frammenti per il poemetto di Patmos (III)

Al di qua dunque
e mi sento frammentato
dai troppi bisogni
schegge anche non mie
di fatti che mi legano
e si fanno sordina
di quelle poche voci e luci
necessarie
Ora più necessarie


14. Frammenti per il poemetto di Patmos (IV)

Sono qui, a Patmos,
ma molto di me
non è ancora approdato:
scissura scardinamento
è stare in luoghi diversi
e allora è un vedere
e insieme un non vedere
s'intristisce l'occhio
che coglie il bordo delle cose
e non le trapassa

15. Frammenti per il poemetto di Patmos (V)

Toccarle, le cose
nemmeno basta più:
o almeno a me non basta
Al modo dello sguardo
anche il tatto
Questi ciottoli marini,
lampi li chiamano qui,
questi ciottoli marini dico
che ribadiscono in sé
colore e musica
il loro colore
é balenio lama intarsio
è acqua e luce
e la musica
il loro perpetuo franare
verso solo verso il mare
smuoiono nella mia mano
Svuotata del suo calore
la mia mano
si fa essa stessa una fredda cosa

16. Frammenti per il poemetto di Patmos (VI)

Ho detto
delle mie deprivazioni
come esse
abbiano tracciato dentro i luoghi dell'assenza
e cancellato un poco alla volta
anche profumi e saporì
quello delle stoppie appena tagliate
dopo la pioggia
o il salino dei mare sulla brezza
Così tutto si slabbra
e ad un tempo si fa immobile
una fissità delle cose e nelle cose
icone che non trasmigrano

da Altre contigenze, Caramanica, Marina di Minturno 1999

17. Frammenti per il poemetto di Patmos (VII)

Forse perché più non parliamo
o se crediamo di parlare
ci facciamo remoti bozzoli
chiuse conchiglie
Ci condanna al silenzio
l'usura di un polverio di voci
senza radici e scopi


18. Frammenti per il poemetto di Patmos (VIII)

La parola nostra ha sì un suo suono,
malioso anche talvolta,
ma persuasivo no
non fa consuonare essa
ciò che è esterno a noi
e ciò che è eterno in noi
Essa descrive ormai
e non trafigge
Non è più
rombo che si fa luce.

19. Poemetto della regione inarrivabile (I)

Radente perviene
il corto respiro della luce
con il suo passo di pietra
e il poco verde scivola
lungo i cigli
nel gioco ventoso
di quest'ora d'alba
in attesa che si divida il mare
e mostri una
la sua (o di chi?) possibile rotta

20. Poemetto della regione inarrivabile (II)

Ancora inverno:
il puntuale inverno
e il suo grido di muschio
E’ più fermo questo:
come più ferma la pena del passero,
il suo sonno in desolate radure
Dai pozzi nei piovaschi
altre stagioni
o tracce ingrigite
di sortite improbabili
Null'altro
in questo spoglio silenzio
Batte qui il sangue i suoi labili segni

e s'addentra l'anima
procede sempre più sola
tenta essa
la regione inarrivabile dei puro


21. Poemetto della regione inarrivabile (III)

Dove l'informe respiro
nostro di uomini
sia esso stesso
il bagliore dell'erba
il suo sussulto


22. Poemetto del ritrovamento fiume (I)

Può tornare il fiume
a scorrermi nelle iridi
può riprestarmi
il suo sapore d'acqua
quando a colme mani
bevevo il suo freddo
il suo verde profondo?
Vi scorre il mio sangue giovanile
le piene sue pulsazioni
le stesse delle radici
esplose nella fiammante
luce delle foglie?


23. Poemetto del ritrovamento fiume (II)

M’interrogo
silenzioso al tuo silenzio:
forse da te ho appreso
a desiderare la quiete?
Ancora mi persuade
la pazienza delle tue anse?
Mi consegna essa
nel tuo scambievole verde
d'acque di foglie
il senso delle diaspore?
Fa chiaro
l'intreccio estremo
delle vicissitudini?
Può sciogliere
il ghiaccio dei passi?


24. Poemetto del ritrovamento fiume (III)

Il mio respiro d'uomo
non è che una sola tua ruga?
E' in questo tuo incresparti appena
al sommo di una corrente vertiginosa?
Le mie cose, fiume restano
dunque al tuo fondo?

da Altre contigenze, Caramanica, Marina di Minturno 1999


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