1.
Primo movimento
2.
Secondo movimento
3.
Epilogo
4.
D’un filo senza nodi
5.
Detto dicendo
6.
Materia cera
7.
Materia polvere
8.
Paca la polvere ridendo, e sali
9.
Credimi creta. Ora si scinde nube
10.
Cùrvati sotto le mie dita, perla
11.
Livida polvere traspare in questi
12.
Tre madrigali (I)
13.
Tre madrigali (II)
14.
Tre madrigali (III)
1.
Primo movimento
Ad Elena
B.
Forse s’accende
del tuo nome questo
filo di
luce che m’infatua, forse
le pagine
trascorse
sotto i
tuoi pollici affrettate, senza
leggervi
nome che non fosse nostro,
bruciano
in cenere sottile, o stridono
contro
lo stile che v’istoria nuove
lettere
in nuovo inchiostro.
(Vedi,
un rovere
di fragili
radici ora s’inclina
sul loto
del marese per riflettersi
miraggio
fra la ruggine acquastrina: e vedi, un astro
di sale
ora si spegne, ora s’incendia
per
sciogliere
il suo nodo vanescente
nel cielo
tinto in glastro).
2.
Secondo movimento
Fingi, se
puoi, d’aver udito frangere
la brina
livida che adorna i tuoi
cigli e
s’invetria nella trama ruvida
che nessun
vèrbero di luce o albore
nuovo
traversa.
Mentimi,
se puoi,
d’aver
visto brillare il brolo d’alghe
gelide
che germoglia sui paduli
d’inverno,
dove l’acqua vibra e bùlica
da polle
silenziose, dove sale
piano un
vapore nubescente e scioglie
sulle tue
guance gocce amare come
rugiada
sulla gàlega.
(Ora il
ciòttolo
che scagli
infrange l’onice
screziata
dello stagno, e qui dà centro
perfetto
alla spirale
di cerchi
che s’allarga sino a spegnersi
sul ciglio
del riale).
3.
Epilogo
Punta la
mano d’un granato – lieve
seme di
balausta
nel centro
del tuo palmo, – ora puoi dirmi
la resina
gelata in una scaglia
di ruggine
sul vetro, il lumicello
che sbieca
cocci e ciottoli, barbaglia
dal greto
alle tue ciglia, chiuse appena
per tempo
ad evitarne l’incantesimo,
puoi dirmi
le volute dei pavesi
spiegati
sulla riva dove a giorno
brucia
l’impronta che sorprendi indizio
d’un tuo
passaggio che si fa ritorno,
ora puoi
dirmi i sette roghi accesi
sul ciglio
del crepuscolo che adesso
finge il
colore delle tamerici
per tramutare
la sua veste in tuo
riflesso.
(Ora puoi
dirmi: e quanto dici
non
durerà
che un attimo all’incontro
dell’eco
che l’investe).
4.
D’un filo senza nodi
per
E.B.
Vedi, è
questo che dico, questo ch’ora
s’incendia
e si dissolve, questo breve
livido
che la luce imprime al vetro
contorto
dal calore in altra forma
non sua,
ma non ancora
d’altro:questo
barlume che fa scheggia
contro
lo schermo diafano dove arsi
s’inclinano
i tuoi occhi catturati:
e scatta
ora e s’inarca
lontano:cade
altrove per sottrarsi
miracolo
allo sguardo ch’ora tenta
di farne
suo miracolo:
Cerchi
senza confine, o di confine
così
lontano che si fa più diafano
di spira
in spira ad eguagliare il piano
dell’acqua(qui
non basta
l’esile
talismano di corallo
che pendi
alla cintura, né la chiave
di vetro
che t’ha schiuso il breve tràmite
concluso
a questo greto)
Rèstati
immobile alla sola soglia
che te
divide dal tuo incontro, adesso
che i fili
della rete dove hai tòrte
le dita
per confonderti, si stessono
sottili
in refe cèrulo:e la trama
perfetta
rarefà, tremano in vortice
ritroso
i primi fusi, e giro a giro
ti sciolgono
al tuo serto
che si
snoda
rapido
sibilando:ora ne resta
vibràtile
a fior d’aria un solo bàndolo
che trema
e si ritrae come la coda
recisa
alla lucertola
5.
Detto dicendo
per Elena
B.
Ma l’eco
incredula che frange spine
d’oro in
rabesco e si disfà, non dista
che poche
sillabe alla fiamma incline
sul luminello
che l’immilla: lìstati
della sua
luce, se apre strie vetrine
nel serto
dell’ardesia e alla tua vista
stupita
già s’estende oltre il confine
diafano
che t’è nome. Fa’ che insista
lo strido
inavvertito ch’ora il sistro
del sole
dura roco e t’interrompe
sulla parola
specchio. È questo l’unico
fuoco che
t’offra la sua scia di bistro
per risalire
tratto tratto l’ombre
di questa
notte senza plenilunii.
6.
Materia cera
ad
Elena
: per non
conoscere riparo in questo
tempio
di sale che la sera sgrétola
d’un tratto:
per avere altro segreto
che un
sibilo di fòlaghe, un canestro
di frutti
inamariti, un macereto
di lapidi
riverse: e il breve gesto
che sfiora
l’aria come cera il cestro,
dà
regola alla danza lungo il greto
bruciato
cui confinano le incerte
mura della
tua stanza: voce intesa
svanendo,
nodo d’indaco alle dita
sottili
che si stringono conserte
sullo
stridìo
della cicala presa
tua preda:
spire d’aria che ora avvitano
cartigli
sulla scìtale
spezzata(
: segui quella che più rada
traspaia
il vetro opaco della strada: )
(27 marzo
1999)
7.
Materia polvere
ad
Elena
dove ora
ha limite il tuo nome e smuore
come la
luce che trapela in rare
spirali
il velo dell’ardesia, spare
di te ogni
cenere: i tuoi giorni, l’ore
fatte
cristalli,
le tue tracce a fiore
d’acqua,
le ciglia accese d’ombra: un fiare
di brina
diafana arde al limitare
del tuo
ritorno, una ghirlanda arbòrea
serra le
tempie, dà uno strido il vetro
graffiato
dallo stilo: un sistro d’aria
rompe il
miraggio amarantino della
marea che
ora s’inalba: brucia dietro
le tue
palpebre un’ombra che non varia
se non
al vento che fa gherminella
dei fili
d’èllera
sulle pareti
e della rara polvere
ch’ìrida
il sole, un alito dissolve:
8.
Paca la polvere ridendo, e sali
Paca la
polvere ridendo, e sali
la breve
sèmita che il sole arrugina
d’aurore.
Vedi, i rovi meridiali
bruciano,
brucia l’edera, balugina
la resina
bruciata d’oltre i còrtici
cerulei
della luce. Se ora mùgina
l’acqua
per lunghi mulinelli, vortici
vanenti,
brevi ambage, sui riali
ti levi.
Poco indugi. Oltre le portici
vive del
bosco ardono voci ambrali.
9.
Credimi creta. Ora si scinde nube
Credimi
creta. Ora si scinde nube
da nube,
e crepita più sordo l’arpi-
cordo
notturno
fra le trame rùbee
che a tratti
ondeggiano l’albore. Sciarbi
d’aria
non variano la densa bruma
che sale
ondando silenziosa in larghi
cerchi
vapòrei. E la chiarìa raduna
crisalidi
leggere come sùberi
sull’acqua,
foglie seriche come una
pelle velata
dalla prima pube.
10.
Cùrvati sotto le mie dita, perla
Cùrvati
sotto le mie dita, perla
pulvèrea,
nodo d’onice, amuleto
ceruleo
sotto i ceneri arsi per la
perfetta
purità del primo vetro,
dove la
luce trèmita e trascorre
mutata
la mia immagine. Ora il greto
ruggìneo
si rasciuga e fra le forre
s’insinua
l’alba. Sibila un’averla
dal rovo.
Stringi i salici a comporre
la rete
che qui possa trattenerla.
11.
Livida polvere traspare in questi
Livida polvere
traspare in questi
calici
calescenti dove scivola
riverso
il nostro volto. I nidi intesti
di filo
amarantino: il vetro vivo
che
più
riverbera se tu v’imprimi
tracce
perlacee e ti ritrai: l’olivo
dai rami
uncati che rasenta il limite
breve del
botro e delle vie silvestri:
siano ora
questi i tuoi ricordi, i primi
ricami
incisi alle tue prime vesti.
12.
Tre madrigali (I)
ad Elena
L’oiseau
boit sur ta bouche et tu ne peux le voir...
Viens plus
bas, parle bas... Le noir n’est pas si noir...
Vedi il
cerchio di cenere e di terra
diafana
che sottrae volute al vento
fra i
vètrici
e s’invampa del tuo fuoco
più
tenue: vedi il cèrio che s’è spento
per non
fiorire spiga a questo poco
di polvere
bruciata: ora si serra
senza rumore
il refe che ripete
spirali
ai brevi nodi della rete:
13.
Tre madrigali (II)
Mostrami
dove l’eco fa riverbero
sul vetro
raggelato: dove imprime
parola
o solo un sibilo il sigillo
d’autunno
sulle foglie delle gerbe
flesse
a sfiorare l’acqua: ora lo scrimolo
del riale
trema e cede al primo brillo
d’ali sulle
garzaie, al primo moto
che accenni
dal tuo piede: e sporge al vuoto:
14.
Tre madrigali (III)
Se un battito
di nottue sale e addensa
la saia
rarescente dei profili
tatuati
sulle sìlici, non credere
che l’eco
duri alla tua sete o fili
nuovi
s’intessano
alla trama intensa
del vespero
incendiato: un nodo d’edera
non basta
a tanta polvere, non passa
per questa
cruna il refe che fa gassa