Chiocciolin@
Tasti
sfiorati
Una
rosa
Sere
al Bar
Varie
Chiocciolin@
Sillabando al cellulare il tuo
volto
bruni colano
riccioli sul collo
ho l’aspetto
deriso ripreso più
volte
indeciso stravolto nell’attimo
in cui
tasti neri si
adattano ai versi
trascritti.
Tastiera
senz’anima riflette
il contatto
dei polpastrelli: gioie del tatto
vorrei
trasmettere
alla tua pelle al
viso scontroso
in quest’ora
nel letto sicuro
col ciglio irato
in lenzuola. Rabbiosa guardami
ancora
una volta
nelle foto e il tuo
orgoglio
Amore dono
non ti accorgi se
fremo
ansioso in città. Risoluta
non vedi: ti chiedo
ancora
d’amarmi parole non bastano
voglio i tuoi
baci cercati al
suono di scuse
sberleffi tremanti nei tasti e
la voce. Mi arrendi
coi tuoi voltafaccia mentre t’amo
dal cuore
e non scrivo parole.
Tasti
sfiorati
Reclusi volontari annoiati
nell’involucro
di pastafrolla
in pausa dai
contatti naturali
senza più cordone ombelicale
per legarci
all’aria trasparente
non
più fili del telefono
a collegare il sibilo della mente.
Sono onde a
surrogare cuori
in tasti
sfiorati e polpastrelli
lettere nude simboli di seni
rimpiazzano la voce sussurrata:
nelle parole l’amore sospirato.
Una
rosa
Rosa sbocciata endovenosa mostri
guance zigomi
gialli vellutata
a palparti
nel cuore
prima e dopo l’amore.
Stanca
t’adagi nell’acqua compiaci ricolma
di luce nel
viso sospiri minuziosa
a cadere.
Rose ne ho
viste socchiuse impalpabili
ludiche in tenaglie di spini e
sangue
corallo
sgocciato nel petto:
negli occhi
hai corolla
brillante di grani
pastosi
fusto caparbio ti regge. Protetta
da foglie mi
avvolgi nel sonno:
taci
le braccia a
capanno non pungi
mi baci.
Sere
al Bar
Traballa il tavolo ai colpi ossuti
del pugno che
stringe orgoglioso
il tre di
denari carta padrona
tra cesti
colore di spiga: attanaglia soffoca
l’asso arreso
e sfinito. Buste
inviolate
di patatine
si gonfiano al tatto
poi scoppiano sorde nelle mani
callose
bruciano
labbra nei morsi croccanti
si asciuga la
lingua col sale.
La birra
dorata perde la schiuma e abbandona
il bicchiere
nelle lunghe sorsate
fauci
asciutte si imbevono fiere
per tornare presto legnose. Risa
più
grasse di pance sedute
a riposo
accompagnano
ore d’ottobre sbucciato
mi fingo gingillo dei sospiri
serali.
L’autunno
perenne ci guarda assonnato
continua il
gioco rimescola il
poco.
Varie
1.
Una retta diretta in un punto
statica vetta
di luce rifratta
rigiro il
bicchiere di grappa
che somma il
piacere di bere
all’inerte,
immobile stare.
2.
L’albero si sfoglia
tronco del
quaderno
giallo, i
rami corti
mutano volto
si rivestono
col caldo.
I paesi e i
loro orti
di turisti,
cariche
le piazze al
sole
vuote con la
febbre
che scotta
settembre.
3.
Temo l’ululato dei cani
che
rincorrono la luna
rimbrotti
delle nubi brune
fungono
lugubri allusioni.
Preme dalla
terra calma
secco il
vagito del perdono
culla nelle
ore il verde grano
l’alito che
sovrasta il palmo.
Notti fioche,
lampi lesti
e famelica
rievocazione
le pietre
nude con i resti
tonfi per le
orecchie deste
il gridio
coperto, il tuono
ci colse
all’ombra della festa.
4.
Imperterrito richiamo a sostenerci
dall’ignoto
volgere dell’ora
ci offri e
togli giorno e giorno
senza dire.
Scivolano le case
nei sospiri,
sono nuvole a pesare
dentro i
cuori: tutto ci sorvola.
5.
I pensieri sono muschio
strofinato al
muro
il bambino
sradica
cortecce al
tronco:
araldico
presepe di dicembre.
6.
(per
Felice Fischetti)
S’infrange il cuore vermiglio
garrisce la
vita, il suo appiglio
riarso nel
vago, il lago imbrattato
dal canto
d’uccello che tocca
collima con
l’acqua il suo becco.
Stordito dal fremito deraglia
il pensiero in un borgo
dal parlare volgare, le cime
più nette di alberi alari
gli uccelli elementari volano
più alti del sogno: schiudono
il becco al tuo gremìto
regno.